Attesa fiduciosa
L’anno scorso è stato dedicato all’inutile invio per mari e monti del romanzo che ritenevo più “presentabile”, anche nel senso di più facilmente commerciabile (rispetto a Globus, che di certo non lo è). Quel romanzo è noto, presso i pochissimi amici che conoscono il mio vergognoso vizio della scrittura, come “quello così bello che nessuno lo vuole”, poiché, dopo essere stato entusiasticamente lodato da una valutatrice professionista…appunto, mi resta sul groppone.
È quello che progetto di autopubblicare nel corso del 2017.
Ma ci sto ancora pensando.
Non voglio neanche permettere a questa delusione di avvelenare le speranze per il futuro.
Come ho anticipato, non ho fatto del selfpublishing il mio manifesto programmatico, non lo prendo come sistema di vita, non è una filosofia, una scelta religiosa in ginocchio sui ceci; lo vedo come una opportunità in più di far conoscere il mio lavoro, né ripiego né santuario.
Non mi va di sventolare nessuna bandiera, voglio concentrarmi su quello che davvero conta per me, cioè impegnarmi al massimo per scrivere bene. Non ho intenzione di schifare l’editoria per principio.
Qualche fanatico dirà che voglio tenere il piede in due scarpe, ma, si sa, i fanatici dicono sempre una marea di boiate.
Ognuno è fatto a modo suo e deve trovare la propria strada.
Quindi, rompendo gli indugi, ho inviato una nuova storia (breve, meno di cento pagine) a un editore digitale, e un racconto a un concorsino.
Dovrei avere un primo riscontro da entrambi entro un mesetto.
Aspettiamo.