Tortura letteraria
Ho un amico di lunga data, Emilio, un forte lettore che però ha un approccio particolare alla lettura.
Si è sempre imposto di essere onnivoro, spaziare in qualunque genere o quasi, finire qualsiasi libro abbia iniziato, leggere tutto quello che gli viene buttato contro. Quindi deve smaltire ogni pezzo di carta stampata che incontra, siano volumi ereditati da qualcuno, regali non graditi, offerte speciali, allegati in edicola, persecuzioni di Mondolibri e così via.
Sia noi amici che i familiari hanno penato per mettergli un po’ di sale in zucca. Perché torturarsi così? Dov’è il merito, per non dire il vantaggio, di sprecare il proprio tempo con cose che non interessano e non sono nemmeno utili nella nostra vita? Tantopiù che a una certa età ci si dovrebbe rendere conto che i giorni che ci restano, nella migliore delle ipotesi, non bastano per tutto quello che avevamo in mente.
Ancor più per Emilio, che ho conosciuto da bambina durante la mia attività musicale, ed è un po’ più anziano di me. Quindi vecchissimo, decrepito.
Eppure niente, insiste. Oltretutto deve seguire in modo maniacale una certa alternanza: deve punirsi di aver letto narrativa (che potrebbe essere piacevole) facendole subito seguire un qualche saggio mattonoso, neanche biografie o qualcosa di un po’ romanzato e agile, ma volumi insensati che penso proprio siano letti solo da chi è obbligato a farlo per dare un esame. E, intendiamoci, non si diverte a farlo: si lamenta, tormentato, muore di noia, non ne può più.
E, tra l’altro, anche con la narrativa non gli va sempre bene: spesso prende dei pacchi, storie noiose anche quelle, sciape e senza senso (a sentir lui va ora di moda il non-finale: la vicenda semplicemente si interrompe senza nessuna risoluzione, come se l’autore fosse stato chiamato al telefono e avesse mollato lì tutto).
Ma non c’è niente da fare, Emilio va avanti così, impervio alle critiche, ai consigli e alle prese in giro.
Così quando ho detto a mia madre che sto leggendo Finzioni di Borges e che questi racconti mi fondono il cervello come già a suo tempo quelli de L’Aleph, lei si è subito preoccupata: ho mica preso il virus dal mio amico?
“Perché lo leggi? È un’emiliata!” mi ha ammonita.
Ho cercato di difendere la mia scelta e spiegarle che in realtà a me Borges piace, non sto facendo il compito noioso! Ma non so se l’ho convinta.
Anche perché Emilio di Borges ha letto mezza pagina ed è scappato.