Povero lettore martoriato

Attenzione: post un pochino polemico in agguato…

Periodicamente nascono queste campagne di sensibilizzazione “salviamo i lettori indifesi dal ciarpame autopubblicato”…che sembrerebbero lamentele legittime se la frase non si concludesse con il più o meno palese sottinteso “decidendo noi cosa permettere loro di leggere”.

Il selfpublishing va regolamentato, dicono queste persone, perché altrimenti il povero lettore ignaro non può evitare di cadere in orrende trappole.

Non è possibile accorgersi, prima dell’acquisto, che un sedicente romanzo è un’accozzaglia di roba sgrammaticata che letta ad alta voce evocherebbe Chtulhu dagli abissi.
No no no. Gli ebook sono incellofanati, sigillati, non ci si può sbirciare dentro senza cacciare prima i soldi.

Secondo questi paladini della letteratura, non ci si può aspettare che l’acquirente spenda tre secondi a leggere (se non è troppo disturbo per un lettore) la sinossi/presentazione/quarta di copertina che, dal momento che nei libri autopubblicati è scritta dall’autore stesso, è un ottimo saggio delle sue capacità linguistiche. O pensare addirittura che sia in grado di aprire l’anteprima e scorrere parte del primo capitolo, filtrando così un buon 80% di porcherie.

Rimangono le altre porcherie, sì, quelle in apparenza scritte bene ma dal contenuto scadente, storie scialbe e incongruenti. Ma, fatta la prima scrematura, il rischio di imbattersi in questo genere di patacca è lo stesso che si corre in libreria, e lo sappiamo benissimo tutti quanti.

Una volta una mia conoscente, impappinandosi nel discorso (e poi ridendo lei per prima per ciò che aveva detto), se ne uscì con la storica domanda:

“Come fai a sapere se hai mal di testa?”

Ecco, così mi immagino il “povero lettore”. Così come lo descrivono questi, eh, non nella realtà.
Al contrario, il lettore italiano di ebook, come già è stato osservato da altri che hanno il polso della situazione molto più di me, è un forte lettore, sgamato, insoddisfatto dell’offerta dell’editoria “regolare” e abituato a cercarsi da solo i testi che gli possono interessare. Magari è di bocca buona, ma sa quello che fa. Non si fa fregare due volte dallo stesso trucco e, se si butta nel trash, è perfettamente consapevole che quello è trash, gli piace così ma lo vede per quello che è (e, se non lo vede, il problema non si pone).

Invece i difensori della qualità lo considerano un perfetto deficiente che conduce una vita grama.

Vestito da schifo, perché come farà a sapere se gli abiti sono della sua taglia o no? Anche se se li può provare, non capisce, visto che nessuno glielo dice.
Che mangia robe a caso, magari andate a male, perché come potrebbe mai capire se il cibo gli piace? Nessuno lo ha assaggiato prima per lui, nessuno glielo insegna.
Che quando va dal medico, e quello gli domanda dove gli fa male, seccato risponde: “Ma come faccio a saperlo? Me lo spieghi lei che ha una laurea!”

Come si può aiutare questo caso umano? Temo che l’unica sarebbe abbatterlo.

Meno male che non esiste.

…e ora cosa me ne faccio del mitra?

Fine polemica.

Parlando seriamente, sospetto che molti di questi puristi bene intenzionati siano in realtà autopubblicati che si ritengono (e magari sono) più bravi, che cercano di lavorare in modo professionale e non prendere in giro il pubblico, e soffrono nel vedere la loro opera tanto curata buttata nel calderone alla pari con le peggiori schifezze.
Arrabbiatura giusta, ma qual è l’alternativa? La censura?
Siete fuggiti dall’editoria tradizionale che vi bulleggiava: l’avete fatto per essere liberi o per costruire il vostro campo giochi in cui esser voi i bulli?

È difficile, come no, distinguersi senza aiuti, col solo valore delle proprie doti, in un mare di gente arruffona e a volte disonesta che sbraita e si atteggia a chissà che senza alcuna sostanza dietro, mentre chi vale davvero rischia di rimanere schiacciato solo perché non si sa vendere bene, non ha altrettanti agganci ecc ecc.

Benvenuti nel mondo!

Forse non ve ne siete accorti, ma la vita è così in tutti i campi.

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